Il ritardo digitale del settore AEC in Italia: tra resistenze culturali, frammentazione e una formazione accademica inadeguata.
Il freno nell’adozione obbligatoria del BIM non è altro che il risultato del ritardo nell’avvio del processo di digitalizzazione nel mondo AEC in Italia. Un ritardo che ha contribuito in modo determinante agli insuccessi attuali. Un ritardo non solo cronologico, ma anche caratterizzato da un’implementazione frammentata e priva di un percorso evolutivo strutturato, a differenza dei livelli di maturità adottati dal Regno Unito per il BIM già dal 2011.
La digitalizzazione, specie nel mondo AEC, è stata spesso promossa come semplice slogan politico, senza una reale comprensione dei suoi benefici ed un reale programma evolutivo. A ciò si aggiunge la resistenza al cambiamento da parte degli enti pubblici, intrinsecamente burocratici e rigidi e delle realtà private, fedeli alle loro confort zone. Al ballo delle responsabilità, a mio avviso, c’è anche l’università italiana, incapace di integrare appieno il BIM nei programmi di formazione, non preparando adeguatamente i futuri professionisti a confrontarsi con le sfide della vita lavorativa contemporanea.
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